In occasione del quattrocentesimo anniversario della morte di Caravaggio, la compagnia “Balletto Teatro di Torino”, realta’ di punta nel panorama della Danza contemporanea italiana, ripropone lo spettacolo Caravaggio, realizzato nel 2004 da Matteo Levaggi su musica di Giovanni Sollima, e portato in tournée nel nostro Paese e all’estero. La musica di Sollima si ispira agli spartiti accuratamente riprodotti da Caravaggio nei suoi quadri. Per ritrovarne il suono Sollima ha fatto ricostruire ed inserito nell’organico un violino tenore, strumento scomparso da secoli ed anch’esso raffigurato dal pittore milanese in diversi dipinti.
“Motion is emotion – ha detto un maestro della coreografia. Strano e significativo, per un artista della danza, che “mòto, movimento” ed “emozione” abbiano una radice comune. Credo che in questa radice stia la ricerca che mi interessa davvero. L’emozione che provo di fronte ad
un’opera del Caravaggio è data dal senso di movimento che trovo in ogni dettaglio, anche quando il soggetto sembra immobile. Essenziale è la luce: questo elemento, fondamentale della sua opera, mi offre grandi spunti di lavoro, ma ciò che trovo veramente interessante è la dinamica delle figure e delle cose. È partendo da questo che posso pensare ad un balletto sul Caravaggio, che ovviamente non vuol essere narrativo o decorativo, ma neanche puramente astratto. Ciò che vorrei realizzare, è un incontro “segreto” tra lo stato d’animo che, come posso percepire, muoveva la vita interiore dell’artista, e la pura forma che io esprimo con la danza, ma che gioca, in molti casi, con gli stessi elementi formali dei quadri del Caravaggio. Il tema del movimento si sfaccetta: serialità e unicità, omologazione e individualità, fascino e indifferenza, seduzione e solitudine; la bellezza si riferisce solo a se stessa e la giovinezza è un breve sogno. La provocazione, l’irrequietezza, la sessualità che ben possiamo immaginare facessero parte del mondo del Caravaggio, non mi interessano come soggetti in sé, ma entrano come parte e ispirazione della forma stessa. Così, all’interno di una “scatola nera”, sotto luci monocrome, coperti da costumi “pittorici”, si svolgeranno gli ensembles, i duetti e i soli degli otto danzatori, focalizzando così il legame tra forma e percezione, tra tempo e spazio, tra osservatore e partecipante”. Matteo Levaggi
“Già da bambino, e già coinvolto in “cose” musicali, stavo per ore a fissare quegli strani spartiti riprodotti con estrema precisione da Caravaggio in alcuni dei suoi dipinti, cercando di leggerne le note, di cantarmele dentro. Compositori fiamminghi, mi diceva qualcuno. Pensavo che Caravaggio oltre ad essere il primo grande direttore della fotografia, avesse provveduto anche alla “sonorizzazione”, alla colonna sonora, delle sue opere. Questa mia curiosità infantile, peraltro mai del tutto soddisfatta, si ripresenta puntualmente in tempi recenti, quando Matteo Levaggi mi propone – e la cosa mi attrae e mi emoziona – di lavorare a un balletto, appunto, su Caravaggio. Anzi, quei severi ed essenziali frammenti musicali, diventano una sorta di primo indizio. E così colgo l’occasione per risolvere la questione in sospeso dalla mia infanzia, tormentando i miei amici esperti di iconografia musicale. E non importa se la musica che scrivo per il “Caravaggio” abbia poche – se non nulle – relazioni con tutto ciò. Con Matteo credo di “sentire” e “vedere” una linea comune, antinarrativa e antidescrittiva. È la luce – intesa come linguaggio vero e proprio – a suggerirmi un diagramma espressivo sul quale disporre le note. È lo stesso personaggio – con la sua storia personale, contorta e complessa – a guidarmi su clima generale, tensioni, ritmo, forma, ecc. Tutto destinato a un violoncello. Anzi, proprio il violoncello, con le sue perversioni, si pone per me (succede soprattutto quando scrivo per la danza) come vero strumento di composizione. Nulla è scritto al tavolino, tutto passa attraverso il test di un corpo, di una fisicità estrema e diretta”.
Giovanni Sollima